La diocesi Torino, il carisma delle persone omosessuali e la pastorale. Intervista a Don Ermis Segatti

Intervista di Silvia Lanzi del 23 febbraio 2011

Si è già dato ampio spazio, anche su Gionata.org (e rimando agli articoli già pubblicati a riguardo), all’iniziativa presa dalla diocesi di Torino, sfociata nella pubblicazione del sussidio scritto da don Valter Danna “Fede e omosessualità” (editrice Effeta, 2009).
Ora, a distanza di poco più di un anno, don Ermis Segatti che con don Danna ha seguito, e segue questo progetto – mi ha concesso una breve intervista per fare un po’ il punto della situazione.

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6 pensieri su “La diocesi Torino, il carisma delle persone omosessuali e la pastorale. Intervista a Don Ermis Segatti

  1. Ottima intervista e ottimo commento del Sacerdote. Avevo lettoil libro di Don Danna e sapevo di una apertura da parte della Diocesi di Torino,seppure cauta (non e certo secondario il fatto che la prefazione sia del Cardinale Poletto). Ma del resto per un credente, Sacerdote o laico che sia, non e’ facile “capire” appieno il fenomeno della omosessualita’ in tutte le sue manifestazioni. Teniamo presente che le parole di San Paolo in almeno tre punti,se ricordo bene, sono dure e sembrano anche chiare. Certo una lettura piu’ attenta e alla luce di nuovi studi anche della Scrittura,aiutano molto,avendo a mente che tutta la Bibba ,per un credente certo, e’ parola di Dio. Ma questa Parola non ha solo come autore il Signore ,ma anche chi materialmente scrive ,che e’ figlio del suo tempo e risente della formazione ricevuta.Fino a dove arriva il pensiero autentico di Dio e dove c’e’ il contributo umano? Questo e’ il problema. A me pare che ,riguardo a questa specifica tematica, si debba dare la priorita’ assooluta dell’amore di Dio verso tutti indistintamente, poi eventualmente fare altri discorsi. Ma del resto e l’intervistato lo dice chiaramente, la paura del diverso e’ radicata profondamente nella societa’ e io direi anche nell’animo umano: tutto quello che e’ diverso ci fa paura. La si puo’ superare, credo, solo con la legge dell’amore e con uno sforzo. Comunque se si continua a lanciarsi sassate,metaforicamente parlando, non credo si concluda nulla. Non solo la diocesi di Torino sto dimostrando una apertura,ma anche altre diocesi e anche (e’ certo una notizia di seconda mano e inverificabile) in luoghi dove sembrerebbe che ci sia la preclusione completa,si comincia ad intravvedere qualcosa. E’ poco? E’ tanto? dipende dai punti di vista. Anche se non sono d’accordo posso comprendere i fratelli noncredenti,ma questi stessi fratelli a me sembrano avere delle preclusioni mentali uguali e contrarie a quelle di certi esponenti della Chiesa Cattolica. certo e’ la mia impressione,ma ripeto che il dialogo va fatto comunque. Nessuno di “buona volonta’” penso possa approvare certi comportamenti istrionici – anche se personalmente in certe circostanze possono anche essere divertenti – o una disinvoltura eccessiva nella espressione della propria sessualita’ (non parlo di un bacio dato anche in pubblico,anche se io avrei qualche riserva,ma alludo a certo luoghi dove le piu elementari norme di rispetto ,di igiene, sono pressocche’ inesistenti). speriamo comunque bene,ci sono cose che ci fanno essere cautamente ottimisti. Le dichiarazioni di Mons, Rigoni mi interessano fino ad un certo punto,posso anche non tenerte conto affatto,e continuo,mi scuserete , a capirci sempre meno riguardo a tutta la vicenda. Le parole dell’Arcivescovo sembrano aver gettato acqua sul fuoco e credo che dare soverchia importanza a certe frasi,sia pure inopportune,sbagliate , espresse malissimo e frutto di una scarsa conoscenza dei vari fenomeni, sia solo una perdita di tempo. Questo certo non puo’far piacere e le proteste credo siano giustificabili,ma non turbiamoci troppo, se siamo nella verita’ questa prima o poi verra’ fuori. Pier

  2. Molte belle parole, bella iniziativa questa di Torino. Parole e iniziative queste solo da parte di alcune diocesi e da qualche coraggioso. Mi chiedo perché avviene questo e perché invece non diventa prassi comune l’inventarsi una pastorale che favorisca una possibilità innanzitutto per conoscersi, guardarsi in faccia.
    Perché questa iniziativa non è presa di esempio? Quanto dobbiamo ancora aspettare per sentire altre parole, per vedere altri gesti?
    Roberto

  3. “Perle di saggezza” di don Segatti, che leggo qua e la negli estratti dell’intervista ed altro intervento precedente dello stesso:

    1. “Persone che non sono malate, contro natura, ma che hanno una loro specifica sessualità che ha diritto di essere espressa, sempre che non si tratti di una sovrastruttura psicologica transitoria o ostentata devianza”.
    Cosa è da intendersi con “sovrastruttura psicologica transitoria”? Una locuzione che forse indica il concetto di “vizio” ? E quindi, come tale, suscettibile di attenuazione o guarigione ?

    2.“Nella chiesa, a lungo, ha prevalso un atteggiamento sessuofobico, figlio dei tempi, condizionato da correnti di pensiero platoniche e neo-platoniche”.
    Non mi risulta che i libri della Genesi e del Levitico li abbia scritti Platone o qualcuno della sua scuola. Lo stesso dicasi per le Lettere di San Paolo. L’omofobia ancor oggi profondamente radicata nell’istituzione chiesa deriva dalla tradizione giudaico-cristiana, altro che Platone…

    3.“Il Catechismo cristiano contempla e riconosce l’omosessualità, superando l’idea di Sant’Agostino di una realtà contro-natura, concepita come una perversione/vizio oppure una violenza”. o ancora “L’omosessualità non è un semplice desiderio”.
    Se non ricordo male, salvo revisioni assai recenti, il Catechismo cristiano descrive l’omosessualità come “disordine intrinseco”, il che non è certo un semplice desiderio, ma non è proprio gratificante e lusinghiera come definizione.

    4. “No, l’omosessuale veramente tale è innanzitutto persona, che come tale ha diritto di vivere pienamente anche questo suo aspetto”.
    (…)
    “Non sbandierando a destra e a manca la propria omosessualità, ma nello stesso tempo senza avere paura che essa possa emergere”.
    (…)
    “Di esprimere nella loro sessualità tutta la ricchezza delle relazioni e dell’amore. Di essere, attraverso se stessi, realizzate pienamente come persone”.
    Che è come dire:”sii te stesso, anche nella tua omosessualità”. Poi comunque ci tiene a suggerire il solito approccio del: “si fa, ma non si dice”, specialmente nel contesto parrocchiale e cristiano più in generale.
    Invita ed augura di ‘realizzare se stessi come persone’, ma tralascia di sottolineare che il contesto sociale e culturale è particolarmente avverso nei riguardi delle persone omosessuali.

    Un esempio di equilibrismo oratorio, tra contraddizioni di fondo e tante parole piene di buoni propositi, che però non hanno nulla di veramente innovativo nè tantomeno coraggioso. Un personaggio che sa usare la comunicazione, a buon mercato e comunque in linea con le direttive del Magistero e soprattutto senza rischiare nulla, certamente non la sua cattedra.
    “Abbiate fede, continuate a sopportare, e continuate pure a servire la Chiesa, che fate bene. Siete incompresi e mal tollerati, ancor di più presso la Chiesa di Cristo, ma io vi do una pacca sulle spalle e poco più, (anche perchè non ci tengo a perdere la mia cattedra con dichiarazioni non in linea con il Magistero in materia di morale sessuale)”.
    Questi comunicati ambigui e accomodanti, di fatto non invitano mai “chi di dovere” a rimettere in discussione quei pregiudizi e luoghi comuni che si contribuisce anzi a coltivare ed alimentare, insieme a quel potere che deriva proprio dall’additare ed accusare il diverso.

    Trovo desolante che ci si entusiasmi per così poco…

  4. Tiberiano ma non è che vuoi troppo… il prete in questione non dice cosee trascendentali ma cerca di capire e di motivare le sue convinzioni…

    si espone in prima persona con alcune affermazioni in apertura sulle persone omosessuali… può sbagliare. ma lui ci mette il suo nome e cognome… in mezzo a tanti che criticano senza saper metterci mai la faccia…

    pensaci …

  5. “il prete in questione non dice cosee trascendentali ” e questo è quanto dico anch’io, anche se forse ho usato un linguaggio che ad alcuni potrebbe apparire un po’ pungente. Il termine “prete” però mi pare un po’ riduttivo: qui si parla di un teologo e per giunta accademico, quindi di una persona molto ben integrata nell’istituzione Chiesa.
    Quindi, non mi aspettavo certo di sentire dichiarazioni rivoluzionarie…Non sono io “quello che vuole troppo”, anche perchè un paio di personaggi autorevoli e dello stesso calibro li ho incontrati a Roma anch’io, anni fa. Messaggi di incoraggiamento, di cautela, di invito all’attesa di tempi migliori… ma nessun “consiglio dalla regìa” sul da farsi “qui ed ora”.
    E del resto, come tu dici “chi ci mette nome e cognome e la propria faccia”, spesso poi paga di persona… non so se hai avuto notizia di un docente di religione (laico e gay dichiarato) sospeso dal servizio (in parole semplici: licenziato) per essersi schierato a favore di un distributore di profilattici in un istituto romano.
    Quindi … ho voluto esprimere una libera e personale opinione, basata su diretta esperienza. Come faccio di solito in un dibattito, dico la mia… e non mi ritrovo granchè a fare la parte della claque.

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